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Canto di Hiawata.

Poema di Henry W. Longfellow, pubblicato nel 1855. È una raccolta di leggende indiane collegate al nome di Hiawata, divinità popolarissima dell'antica tradizione religiosa dei nativi americani. Un giorno Gitche Manito, o meglio il buon Manitou, stanco della cattiveria umana, manda sulla terra il profeta Hiawata. Questi dà agli uomini il buon mais, e insegna loro come si costruisce la canoa con la scorza di betulla e come si pesca lo storione e si caccia il wapiti. Quindi combatte contro il mago Pearl-Feather, che manda le malattie agli Indiani, e infine confida ai suoi protetti il segreto per tramandare e imprigionare le parole: insegna loro, infatti, i segni figurati dell'alfabeto. Ma la vita terrena di Hiawata è triste: Minnehaha, la sua sposa tanto amata, la bella Acqua ridente, muore, e così pure i suoi cari amici Chibiabos e Kwasiol. Allora egli, accolti amichevolmente gli uomini bianchi, nuovi venuti, parte per le "celesti praterie" nelle "isole dei beati", per raggiungere la sua adorata Minnehaha. La forma di questo poema è singolarmente simile a quella del Kalevala finnico: tuttavia, malgrado la monotonia del metro (sono versi ottonari), Longfellow, pur non possedendo un vero e ricco temperamento poetico, raggiunse effetti idillici e pittorici di profonda suggestività.